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Rappresentazione visiva dell'articolo: Il caos dell’ORO NERO: ecco perché la guerra del prezzo del greggio finirà

Autore: Rossana Giusti

Data di pubblicazione: 14 aprile 2020

Il caos dell’ORO NERO: ecco perché la guerra del prezzo del greggio finirà

Iniziata come una disputa tra Russia e Arabia Saudita, la guerra sui prezzi del petrolio ha visto i due “galli nel pollaio” alzare la cresta e spalancare il becco, forti da una parte di scorte per almeno altri 4 anni e dall’altra di una enorme riserva finanziaria, quella appunto dei Sauditi.

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Ma in tutto questo, c’è un terzo incomodo che sta molto stretto in un contesto in cui i prezzi di vendita del greggio sono molto più bassi dei costi di estrazione: gli Stati Uniti. 

Vediamo i fatti

Nel mese di marzo sono scaduti gli accordi sui prezzi a suo tempo stabiliti con l’OPEC e altri grandi produttori di petrolio e contemporaneamente la Crisi economica da Coronavirus ha abbattuto pesantemente i consumi di greggio nel mondo. 

Con il tentativo di primeggiare nelle vendite, Russia e Arabia Saudita hanno iniziato ad abbassare i prezzi di vendita favorendone il crollo verticale.

Il Petrolio ha però differenti costi di estrazione/produzione, infatti ad esempio l’oronero da pozzi petroliferi non ha gli stessi costi che devono invece sostenere le shale oil americane che recuperano greggio estraendolo con tecnologie d’avanguardia ma anche molto costose. Lo shale oil è un petrolio non convenzionale prodotto infatti mediante processi elettrochimici dai frammenti di rocce di scisto bituminoso. 

I costi di estrazione medi per l’Arabia Saudita si aggirano intorno ai 17$ a barile a cui però vanno aggiunte le spese statali ed il prezzo sale a livelli altissimi; la Russia estrae intorno ai 35-40$ ma ha riserve ingenti per lungo tempo. Le Compagnie di Shale Oil americane invece hanno un break even intorno ai 50$ e non hanno né riserve finanziarie né scorte di greggio da immettere sul mercato per essere competitive. 

Dunque la guerra dei prezzi del petrolio ha un costo altissimo per gli Stati Uniti.

Trump ha dichiarato che "Questo prezzo danneggerà molti posti di lavoro nel nostro Paese”

Fatte queste premesse, dopo un primo momento in cui gli States sono rimasti in disparte, adesso si sono inseriti attivamente nella disputa minacciando prima dazi per normalizzare il prezzo e poi cercando larghi accordi con gli altri paesi produttori di petrolio come il Canada, la Norvegia e il Messico

Le ultimissime news di lunedì 6 aprile, dicono che tra giovedì e venerdì si riunirà il G20 per definire un eventuale nuovo accordo allargato e condiviso da tutti, produttori e consumatori.

È un buon segno? Dopo oltre un mese di violenti contrasti, forse sì.

Oggi Riad comunica di aver rinviato la pubblicazione del nuovo listino prezzi del greggio, un gesto che alcuni analisti hanno interpretato come un cessate il fuoco nella guerra dei prezzi mentre il negoziatore russo Kirill Dmitriev, ha affermato di fronte alle telecamere di Cnbc che un accordo sui tagli di produzione è «molto molto vicino».

Ecco perché la guerra dei prezzi finirà e una pedina di questo caos da Cigno Nero tornerà gradualmente al suo posto.


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